Cookie

La Pietra lavica dell'Etna

 

Il territorio della provincia di Catania trova nel vulcano Etna (Mito d'Europa) il suo inconfondibile elemento di maggiore caratterizzazione naturalistica, divenendo motivo di forte attrazione turistica.

Le innumerevoli eruzioni dell'Etna, la fuoriuscita di magma incandescente e lancio di ceneri e lapilli, hanno portato distruzioni e paura, ma hanno lasciato un prezioso materiale dai mille usi.

Nel corso dei millenni, alla furia distruttiva dell'Etna ha fatto riscontro la tenacia e la capacità delle popolazioni etnee, che hanno sempre ricostruito ciò che il Vulcano è andato via via distruggendo. E' proprio dalle lave, che sono causa di rovina, si sono sapute ricavare non solo le materie prime per l'edilizia e la ricostruzione, ma anche delle opere d'arte e d'ingegno. Il basalto eruttato dall'Etna, infatti, è stato piegato dalla capacità e dalla fantasia dell'artigianato locale a tutte le esigenze estetiche succedutesi nel corso dei millenni. Nella ricostruzione settecentesca della Sicilia Orientale, dopo il terremoto del 1663, si concentra la più alta espressione dell'utilizzo architettonico del basalto etneo con i capolavori del barocco catanese, attuale volto del centro storico di Catania.
 L'estrazione e la lavorazione della pietra lavica ha avuto un notevole riflesso sulla economia locale, per il numero di addetti e per l'alta specializzazione richiesta, tanto da dare origine a dei veri mestieri.
Anche oggi, al declino dell'impiego tradizionale, determinato dalle moderne tipologie costruttive, assistiamo ad un significativo sforzo di conversione della produzione alle attuali richieste del mercato. Si fa riferimento alle nuove tecnologie per l'estrazione e la lavorazione della pietra lavica e alla nuova tecnica della ceramizzazione. Questa porta alla produzione di elementi di arredo per bagni e cucine, piastrelle da pavimentazione e rivestimenti interni ed esterni, che riportano i decori tipici siciliani e in particolare della ceramica di Caltagirone.

Soprattutto nei centri storici si punta alla ristrutturazione nel rispetto dei vincoli imposti dai Comuni e dalla Sovrintendenza, che, complessivamente, porta ad una ripresa dell’uso della pietra lavica.
 

Il basalto

Il basalto etneo è un materiale resistente, espressivo e decorativo, che si presta alla lavorazione per la realizzazione di oggetti per arredamento e per pezzi di arredo urbano.
Il basalto etneo è un prodotto lapideo di particolare robustezza e bellezza, dalle caratteristiche estetiche, resistenza e lavorabilità superiori ad altri materiali basaltici.
L'aspetto del basalto etneo varia dal colore scuro abbastanza uniforme, ad un picchiettato con punti di uno, due o tre colori diversi.

La sua origine è legata al processo di raffreddamento delle colate laviche, in ben precise condizioni ambientali. In considerazione del fatto che le nuove colate finiscono per ricoprire o danneggiare le precedenti, possiamo dire che il basalto etneo, pur costituendo una risorsa rinnovabile, risulta disponibile in quantità limitata.

I nostri artigiani nel lavorare la pietra lavica sono riusciti a coglierne ed evidenziarne lo splendore e la resistenza. Lo attestano gli antichi caseggiati rurali, i vecchi palmenti in pietra, le ville settecentesche dai magnifici portali e balconi, le strade, le piazze e i vicoli lastricati che caratterizzano urbanisticamente i Paesi Etnei e la Città di Catania: tutti elementi divenuti oggetto di riscoperta con il progetto del distretto della lava.

L'estrazione

Anticamente i "pirriaturi", estraevano lungo i costoni della montagna, solo strati superficiali di lava (schiuma) perché più porosi e più facilmente lavorabili con semplici arnesi quali la subbia, lo scalpello, la mazzola e il martello. In qualche caso si faceva uso di esplosivo.

Oggi l'estrazione avviene con l'ausilio di pale meccaniche, ruspe ed escavatori (martellone pneumatico) che permettono di raggiungere strati profondi dove la lava è più compatta, più dura e di colore più chiaro. Per il taglio della roccia in lastre si utilizzano dei macchina­ri con dischi diamantati (segherie) che consentono di ottenere prismi di varie dimensioni. Anche la lavorazione è facilitata dall'uso di altri strumenti e macchine: trapano, flex, fresa e levigatrice. La lavorazione meccanica della pietra non ha escluso del tutto il lavoro di finitura ad opera di artigiani scalpellini.

I prodotti

Sul materiale estratto interveniva lo spaccapietre che ricavava lastre di pietra, e lo scalpellino che rifiniva il materiale, destinato prevalentemente per la pavimentazione delle strade urbane e rurali, e per manufatti architettonici delle abitazioni, stipiti di porte e balconi, gradini per scale, chiavi di archi, capitelli, mensole di balconi, pavimenti interni levigati, basi per camini, ecc. Un tipo particolare di pietra, la "pietra pomice", leggerissima, veniva adoperata per la copertura a cupola delle chiese.

I nostri artigiani, con la loro pazienza, conoscenza e manualità, hanno saputo piegare la resistenza e la compattezza della pietra lavica, ottenendo splendidi manufatti, oggetti ornamentali e sculture.

Un recente impiego è costituito dalla ceramicazione della pietra lavica, cui si presta per la capacità di resistere alle alte temperature di vetrificazione degli smalti, ottenendo un manufatto ceramico di alta qualità, come per esempio complementi di arredo, tavoli, pezzi per cucine, ecc.

Le basole, utilizzate per la pavimentazione di strade e piazze, sono dei blocchi dalle dimensioni medie di cm. 40 x 40 e dallo spessore di cm.15, lavorati a puntillo grosso sulla faccia superiore e le quattro facce laterali grossolanamente sbozzate a cuspide di piramide. Recentemente sono stati introdotti nuovi accorgimenti tecnici che, nel rispetto delle caratteristiche tradizionali, hanno consentito di semplificare la collocazione e di ridurre i costi della manodopera specializzata.

Il cordolo è un blocco, dalle dimensioni medie di cm. 70 x 20 e spessore di cm. 20, lavorato a puntillo grosso su due facciate ortogonali, utilizzato per la finitura dei marciapiedi. Nuovi accorgimenti tecnici hanno reso possibile ottenere un prodotto di forme più regolari, che consente di ridurre i tempi di posa in opera e quindi di abbassare i costi, ferme restando le tradizionali peculiarità.

I bolognini sono prodotti lavorati tradizionalmente e sono impiegati nella costruzione di muri (di campagna, di ville e giardini).

Le filagne in pietra lavica sono come tipologia uguale alle più comuni filagne di marmo e di granito e possono essere rese a filo di sega oppure levigate, bocciardate, pallinate o a puntillo (grosso o fine).
Le lastre in pietra lavica come tipologia sono uguali a quelle più conosciute di marmo e di granito.
Le lastre possono essere grezze (a spacco di cava), levigate o lucidate, per rivestimenti, pavimenti, gradini, ecc.

La pietra lavica bocciardata si ottiene con l'utilizzo di uno specifico macchinario (scalpellatore meccanico), che consente di ottenere una ruvidità della superficie simile alla buccia d'arancia.
La bocciardatura viene effettuata su prodotti destinati alla realizzazione di piazze pubbliche, di gradini, ecc.

La pietra lavica pallinata è ottenuta meccanicamente con il processo della sabbiatura (utilizzato per sabbiare il ferro). Il prodotto, usato per pavimentazioni di piazze e marciapiedi, viene confuso con il bocciardato che è più pregiato e presenta una maggiore ruvidità.

La pietra lavica ceramicata

La tecnica pittorica su pietra lavica si fa risalire alla metà del 1800, ad opera soprattutto di Filippo Severati che ha introdotto una nuova tecnica di pittura a smalto su lava, capace di resistere in ambienti esterni. Dopo di lui molti altri artisti si dedicarono alla ceramizzazione della pietra lavica.

Tale tecnica trova applicazione a Catania solo dopo il 1970.

La lastra lavica, tagliata secondo il disegno voluto, viene cosparsa di ceramica in polvere, su uno spessore di tre millimetri, e decorata. Si passa quindi alla cottura, intorno a mille gradi, ottenendo la fusione tra pietra e ceramica in un corpo unico che coniuga assieme la resi­stenza, l’estensione e la solidità della lava alle stupende decorazioni policrome della nostra tradizione ceramista.

 

Gli antichi mestieri legati all’estrazione e alla lavorazione della pietra lavica.

Pirriaturi
Il mestiere del pirriaturi prende il nome dalle cave di pietra (pirrere). Si trattava di un lavoro molto faticoso che consisteva nella vera e propria estrazione della pietra e in una sua prima lavorazione per l’ottenimento di blocchi, anche di grandi dimensioni, utilizzati soprattutto per la costruzione di abitazioni, strade e muretti. Il lavoratore si serviva di attrezzi piuttosto rudimentali quali la mazza (un grosso martello), u lagnettu (attrezzo affilato con il quale si intaccava la pietra per indebolirla), u cugnu e u cugnittu (cunei che si introducevano nelle spaccature della pietra e che servivano ad allargare la fenditura per arrivare alla vera e propria rottura del blocco compatto). Anche a seguito dell'impiego di macchinari più moderni, la fatica degli uomini impiegati nell’estrazione dei massi rimane.

‘Ntaghiaturi

I blocchi lavici vengono tagliati a pezzi in funzione del tipo di manufatto da realizzare. La particolare durezza della pietra lavica richiede una grande capacità dell'intagliatore.

Scappiddinu
Lavorava nella cava di pietra utilizzando lo scalpello, quindi i manufatti da lui realizzati erano più raffinati e precisi di quelli del pirriaturi che si limitava a sgrossare i blocchi.
L’opera degli scalpellini era vistosamente presente nelle abitazioni, tutte anticamente fornite di un "porticato", con l’arco in pietra lavica, che si differenziava per la chiave di volta e per le lavorazioni laterali. Le parti che costituiscono questi archi non sono tra loro cementate e tutto l’insieme si regge avendo come perno la chiave di volta.
Grande maestria dunque degli scalpellini che, oltre ad abbellire con fiori, rami o lettere la struttura, colonne, portali, pennacchi, capitelli, maschere, ecc., dovevano essere in grado di determinare la precisa allocazione e grandezza della chiave in relazione all’altezza dell’arco. Lo scappellino era e resta un artigiano con il pallino della creatività: egli non è un perfetto esecutore dei modelli presentati da altri.

Ghiarotu
Gli intonaci delle vecchie costruzioni, erano tutti della stessa tonalità di colore: terra bruciata digradante al rosa intenso. Questo perché veniva usata allo scopo "a ghiara", che è una finissima lava, simile nella consistenza alla farina o alla sabbia fine che si trova sotto le colate.
Tale "sabbia" veniva estratta dai ghiaroti, che scavavano dei cunicoli di grandezza tale da permettere l’accesso all’uomo, ma anche ad una particolare specie di muli di piccola statura, i quali venivano abituati a percorrere soltanto lo stretto cunicolo. Essi riportavano in superficie sacchi o bisacce contenenti la "polvere colorata" che, mischiata a calce e azolo (pietrisco lavico), proteggeva le facciate delle abitazioni, dando dei colori tipici degradanti dal rossastro al grigio.
Oggi tale attività estrattiva è stata completamente abbandonata, soppiantata dai moderni prodotti che, pur cercando di "imitare" il colore della tradizione, non vi riescono né per la durata né per la consistenza.

Basulari

Le basole lavorate nelle facce a puntello e a perfetto squadro nelle giunture dallo scalpellino vengono collocate in opera (coricate) su uno strato di malta grassa dal basulaturi.

Priccialaru
Operaio che con una grande mazza spaccava le pietre che servivano da base per le strade. U pricciali si divideva in due categorie: "rossu" (grosso) e "nicu" (piccolo).

Ghiacataru
Operaio specializzato per la realizzazione della ghiacata, massicciata delle strade, cortili, piazze.

 

testo tratto da : www.provinciact.it

Condividi

Carrello